Ricordi di cellulosa

Per me si chiamava Cartiera Bosso. Ancora oggi per me si chiama così e non cambierà nome.

Avevo già scritto un articolo sulla sua storia intitolato "Don Bosco e la cartiera di Mathi" in cui raccontavo come fosse nata la cartiera (in realtà sono due cartiere) e di come oggi faccia parte del gruppo Ahlstrom-Munksjo, ma qui vorrei raccontare come l'ho vissuta io, figlio di un dipendente che ha lavorato 48 anni per questa società amando il suo lavoro.

Ai tempi della scuola elementare sapevo che tutte le mattine mio padre partiva da Torino per andare alla Cartiera Bosso di Mathi Canavese e tanto mi bastava, però sapevo anche che ogni tanto stava via qualche giorno per andare da alcuni clienti e tornava a casa portandomi un intero sacchetto pieno di confezioni delle figurine Panini: come era bello scartarle e completare l'album in questione. Fu più o meno allora che imparai cosa facesse la sua cartiera: all'inizio immaginavo che venissero prodotti i quinterni che si compravano in cartoleria o i blocchi di fogli A4 della Fabriano per fare i compiti; non sapevo che la produzione della carta fosse più complessa e che la Cartiera Bosso la producesse per poi rivenderla ad altre cartiere… Ma allora?

Fortunatamente avevo in casa la risposta alle mie domande; ebbene, questa cartiera produceva due tipi di carta: quella per fare i filtri per camion e quella più grande che invece era dedicata a quella da siliconare. Carta da siliconare? Si, quella che viene posta sul retro delle figurine e degli adesivi con colla e, una volta rimossa e gettata, lascia la parte appiccicosa nelle mie mani pronta per essere poi attaccata all'album.

Da qui, facevo ancora le elementari, il passaggio successivo fu quello di vedere come fosse possibile e la fortuna, unita alla passione paterna mi aiutò. Non ricordo in che ordine successero, ma due avvenimenti mi aprirono gli occhi: il primo fu la scuola quando la maestra ci spiego la fabbricazione della carta (ricordo ancora il suo disegno alla lavagna della macchina continua), il secondo fu la prima di tante visite a Mathi Canavese un sabato mattina.
Nella prima occasione mio padre venne a scuola e si portò dietro tanti sacchettini di cellulosa che ci distribuì e così poté spiegarci con esempi pratici quella che era solo teoria. Il viaggio alla Cartiera fu però davvero bello; prima passammo da quella inferiore, parecchio sporca rispetto a come l'avevo immaginata, dove venivano prodotti i filtri e dove mi era stato dato un unico ordine: "Non avvicinarti a nulla e non toccare nulla" (tutte le norme sulla sicurezza presenti oggi non esistevano ancora ed in effetti era meglio stare alla larga).
Poi andammo alla cartiera superiore e li si che era pulito e bello. Passammo dall'ufficio, ecco come erano gli uffici dei lavoratori, poi andammo in officina a vedere la famosa macchina continua e fu la vera sorpresa: ora la vedevo in tutta la sua lunghezza: passammo dalla zona nella quale veniva versata in vasconi la cellulosa (praticamente assomiglia ad una sostanza mista di acqua e cotone) e da lì scorreva su dei nastri con dei buchini che lasciavano cadere l'acqua. Poi c'era una fase in cui quella che era ancora cellulosa veniva compressa tra due cilindri e poi altri due più vicini, poi ad un certo punto (era già praticamente una specie di carta inzuppata) saliva in alto e ripiombava in basso dentro una zona non visibile. Ne usciva che era ormai carta, quindi passava nella zona di siliconaggio dove veniva applicata una sorta di patina resistente alla colla ed infine veniva arrotolata su enormi bobine orizzontali più alte di me e quando erano sufficientemente grosse un operaio tagliava la carta in arrivo, spostava via la bobina e ne inseriva un'altra vuota che riprendeva il flusso di arrotolamento.
Il ciclo si ripeteva 24 ore su 24 per tutto l'anno: questi sono i miei primi ricordi della Cartiera Bosso.


La cellulosa

Ma ne ho altri da raccontare, visto che i modi ed i tempi erano quelli degli anni '70 e certe cose si potevano fare con il pericolo massimo di una ramanzina…
Io e mio fratello scoprimmo in ufficio le calcolatrici che stampavano sui rotolini di carta il risultato delle operazioni: dopo i primi calcoli con numeri esagerati e operazioni impensabili, la fantasia prese il volo e vista l'assenza di altre persone iniziammo a battere sui tasti praticamente a caso per vedere il nastro uscire sempre più lungo fino a che non finì ed uscì dall'altra parte cadendo in terra. Questo giochetto durò due o tre visite perché S. e F., le due segretarie proprietarie delle calcolatrici e avvisate il venerdì che il papà-venditore avrebbe portato i figli in ufficio il giorno dopo, decisero di nascondere in un cassetto chiuso a chiave i due oggetti ludici e la storia finì. Ricordo però che una volta, di ritorno lungo la strada che costeggia la Mandria, pizzicammo i due nastri ai finestrini posteriori accanto a noi per quasi tutto il viaggio: si, forse era una stupidaggine vista oggi.

Alle medie vuoi non fare una ripassata sulla produzione della carta? L'occasione fu una lezione di geografia: la Finlandia. Ormai sapevo già che il gruppo finlandese Ahlstrom aveva rilevato la cartiera, tutta o in parte non saprei dirlo, ma per la lezione venne un collega finlandese di mio padre che ci raccontò del suo Paese. Ricordo che alla domanda su cosa non gli piacesse dell'Italia, la sua risposta fu che da noi si buttavano via le sigarette per strada anche dai finestrini delle auto. Comunque si parlò giustamente anche della carta: si poteva forse evitarlo?

Con l'acquisizione da parte del gruppo Ahlstrom ci fu ovviamente qualche cambiamento sia all'interno dell'azienda, sia proprio allo stabilimento. Ricordo che ai tempi la macchina continua per la carta da siliconare era la più lunga in Europa (ed era intitolata a Don Bosco), che questa macchina veniva costruita a partire da un cilindro posizionato circa alla sua metà e che era levigatissimo, altrimenti avrebbe strappato la carta in formazione. Nel caso specifico il cilindro fu realizzato in Finlandia, ma era così grosso e pesante che nessun mezzo avrebbe potuto trasportarlo via terra passando le Alpi. Così fu imbarcato su una nave e trasportato via mare fino a Venezia; quindi, risalì su un convoglio speciale tutta la pianura Padana.
E' sempre di questo periodo il primo ricordo di Villa Bosso (ci tornerò anche più avanti): la cartiera fu fondata da Don Bosco e gestita dai Salesiani per poi essere venduta al senatore Giacomo Bosso, da cui prese il nome. Quest'ultimo possedeva a Mathi una villa che divenne proprietà del gruppo Ahlstrom. Durante i lavori di ristrutturazione venne quindi trasformata in una bella casa per ospitare durante la notte i clienti ed i dirigenti finlandesi in visita alla cartiera; ma visto che avevano fatto trenta, fecero trentuno e all'interno della villa fu edificata una piccola sauna con accanto una piscina ed un bel prato curato: erano o no Finlandesi amanti delle loro tradizioni? Però non tennero tutto per loro e ricordo che durante i fine settimana Villa Bosso veniva aperta ai dipendenti ed alle loro famiglie in modo che potessero godersi una giornata tra saune e tuffi in piscina, o anche solo per prendere il sole in compagnia. Io ci andai qualche volta e devo dire che era davvero bello, ma tutto finì quando qualche dipendente esagerò con il divertimento e la società decise di chiudere l'accesso nei fine settimana.

Un raduno di venditori italiani e tedeschi a Villa Bosso negli anni '70

Passò qualche anno e non tornai più a Mathi, alla cartiera, alla villa. Ormai mi ero diplomato e decisi di fare un corso regionale sulla gestione della qualità aziendale. Alla fine di questi corsi solitamente c'è un periodo di circa due mesi in cui si viene inseriti in una società per collaborare e fare una tesina, ma nel mio caso ci fu anche una visita ad una fabbrica in cui la qualità veniva applicata in tutte le fasi del processo produttivo: metti un like se indovini quale fu la fabbrica che andammo a visitare!
La Cartiera Bosso ci accolse generosamente con il responsabile del servizio qualità che ci fece fare il giro degli uffici, poi della fabbrica con la famosa macchina continua che ora veniva seguita passo-passo via computer da diversi addetti alla manutenzione e sottolinearono tutti i punti in cui le norme sulla qualità venissero applicati. Fu quel giorno che, con mia sorpresa in quanto non ne conoscevo l'esistenza, ci fu mostrata la camera di don Bosco: durante i lavori che ho già descritto, venne recuperata anche la stanza usata dal fondatore quando doveva recarsi in cartiera e soggiornarvi la notte. Ricordo ancora una camera spoglia, un letto, una sedia vicina ad uno scrittoio e mi colpì la presenza di una "ruota degli esposti" che dava verso l'esterno in un’altra stanza: ci fu spiegato che veniva usata in quanto le monache addette a portare la colazione al santo facevano passare il pasto attraverso questa ruota in modo da non correre il rischio di vederlo in vestiti da notte.

"Passano gli anni, ma trenta son lunghi" [Semicit.] e un sabato dell'estate scorsa ho deciso di tornare alla Cartiera Bosso. Sono passato dallo stabilimento della famosa macchina continua: non esisteva più il portiere; magari, spiegandogli la situazione e facendomi accompagnare a vista, avrei potuto rientrare e visitare quel luogo sicuramente cambiato. Illuso: ormai si timbra con il cartellino e si apre il girello per entrare, così ho osservato da fuori senza vedere nessuno cui fare pietà per una visita a scrocco.
Però sono tornato a Villa Bosso: ora è diventata proprietà del comune che l'ha trasformata in un piccolo parco aperto al pubblico (senza piscina e senza sauna) che onestamente, pur essendo ben sistemato, non regge il confronto con quello che ricordavo.

Villa Bosso: oggi parco comunale

La fontana nel parco di Villa Bosso oggi

Per finire voglio salutare e ricordare S e F, con cui passavamo le estati al mare con i rispettivi mariti e figli, il sig. M e tutta la sua famiglia che ci ospitavano da piccoli nella loro casa al lago di Garda dove giocavamo in un bel parco e dove ho conosciuto una cocente sconfitta a Space Invaders per mano della figlia, il sig. C che, quando avevo circa 25 anni, mi accompagnò a fare sci alpinismo sul colle Bettaforca e due signori finlandesi, sempre gentili con noi ragazzi. Sicuramente avrò dimenticato qualcuno e me ne scuso, ma ricordo comunque tante persone belle e gentili, un bel gruppo.

E in futuro? In futuro mi piacerebbe semplicemente trovare il modo per rientrare nella cartiera, fare nuovamente il visitatore, vedere cosa e come è cambiato, rivedere la "Camera di Don Bosco", fare domande a chi avrà la pazienza di accompagnarmi.

Nell'estate 2023 un giovanotto tenta di riprodurre l'immagine dei venditori 


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