Giulio Cesare vs Pete Maravich

"Eravamo diciassette quelli della Maravich
ed ognuno aveva il suo ruolo tranne me.
Era l'anno dei Mondiali, quelli di Italia '90
e Schillaci era il nostro goleador.

Il volontariato, le uscite, la libertà,
le camminate, lo sport, la felicità."


Così forse inizierei una canzone che riprenda i contenuti cantati da Antonello Venditti in "Giulio Cesare" che propone temi legati alla sua vita personale insieme ai cambiamenti politici e sociali italiani negli anni collegati a due campionati del mondo.

La melodia così accattivante mi è sempre piaciuta, così come il testo che descrive molto bene i suoi sentimenti ed il passaggio di consegne ai giovani che venti anni dopo si sarebbero seduti sugli stessi banchi della sua scuola.

Qui potete trovare la versione live con un suo piccolo commento:
Giulio Cesare

Quello che sento della canzone.
Nella prima parte della canzone, Venditti ci porta indietro nel tempo, ai suoi anni scolastici al Liceo Giulio Cesare. Descrive il contesto giovanile, l'insicurezza e l'inadeguatezza percepite rispetto ai compagni di classe, e l'importanza dei Mondiali di calcio del 1966, simbolo di unità e di sogno collettivo. Il rapporto con il padre come montagna difficile da scalare rappresenta le sfide personali dell'adolescenza, mentre l'idea di una "coscienza popolare" allude al fermento sociale e politico di quegli anni.
Venti anni dopo, riflette sulle nuove generazioni che siedono nei banchi del suo vecchio liceo. Descrive un’Italia in cambiamento, ma con elementi di continuità: i Mondiali del 1986 e la figura di Paolo Rossi, paragonato ai ragazzi di oggi, creano un ponte tra le generazioni. La stessa crescita, gli stessi sogni di libertà e le stesse sfide personali si ripresentano, sottolineando come certi sentimenti e desideri siano universali e senza tempo.
La canzone è un dialogo tra il passato e il presente, un confronto tra le speranze giovanili di Venditti e la realtà del passare del tempo. La crescita personale dell'autore è parallela alle trasformazioni della società italiana, che passa da un periodo di coscienza popolare negli anni '60 a un’Europa percepita come distante ma carica di promesse negli anni '80.
Il Liceo Giulio Cesare è il cuore pulsante della canzone, un luogo di nascita e di riflessione. È qui che i sogni prendono forma, dove le canzoni di Venditti trovano le loro radici, e dove le esperienze della gioventù si trasformano in riflessioni adulte. Il liceo non è solo un luogo fisico, ma un simbolo delle sfide, dei cambiamenti e delle esperienze che definiscono una vita.
Infine, "Giulio Cesare" è una canzone intrisa di nostalgia, di riflessione sulle proprie radici e di riconoscimento del continuo ciclo della vita. Venditti usa la sua storia personale per raccontare una storia più ampia, quella di una generazione e di una nazione in evoluzione.

Il liceo "Giulio Cesare" oggi

Una curiosità che pochi sanno.
Come ha ricordato lo stesso Venditti, la celebre frase «Paolo Rossi era un ragazzo come noi», benché spesso associata al calciatore con lo stesso nome, in realtà si riferisce a uno studente diciannovenne ucciso il 27 aprile 1966 all'interno dell'Università La Sapienza di Roma, come conseguenza di un pestaggio ad opera di studenti di estrema destra. È il primo morto per mano fascista nel secondo dopoguerra.

Maravich! Chi era costui?
Quando ho introdotto questo articolo, ho provato a scrivere la prima strofa sulla falsariga di quella di Venditti ed ho nominato Maravich. Il nome di questo giocatore di basket ha ispirato Michele (giocatore e allenatore) per "battezzare" la nostra squadra di basket nata per amicizia e amore per la pallacanestro e fondata insieme ad altri amici accomunati dalla stessa passione: Pagul, Chicco, Beppe, Andrea, Vittorio, ma non eravamo diciassette...

Di Pete Maravich non scriverò molto, anche perché basta digitare il suo nome su un motore di ricerca e si potranno trovare molti link sulla sua storia e statistiche:
Pete Maravich (1947-1988) è stato un celebre cestista statunitense, noto per la sua creatività nel gioco, abilità nel palleggio e capacità di segnare. Inserito nel Naismith Memorial Basketball Hall of Fame nel 1987, ad oggi ancora il più giovane di sempre, dopo la sua morte gli è stato intitolato il palazzetto dello sport della sua università.
Con una media di 44,2 punti a partita alla Louisiana State University, detiene il record di punti realizzati nella NCAA. Ha giocato nella NBA per gli Atlanta Hawks, i New Orleans Jazz (poi Utah Jazz) e i Boston Celtics. Nel 1996, è stato nominato uno dei 50 migliori giocatori della storia dell'NBA e nel 2005 miglior cestista universitario della storia.


Ed ecco qui alcune sue giocate, a mio parere degne di Magic Johnson o Michael Jordan realizzate però agli inizi degli anni '70, un po' prima dei due grandi giocatori che hanno rivoluzionato il gioco della NBA:
Pete Maravich


Maravich con il numero 44. Io giocavo con il numero 8: una coincidenza?


Commenti

Post popolari in questo blog

Il magister

Articoli pubblicati su Torino

Articoli pubblicati su Curiosità